L’epoca dei campionatori

Attorno al 1980 ebbe inizio l’era del campionatore. A partire dai primi, costosissimi modelli sperimentali, iniziarono a moltiplicarsi i modelli acquistabili a prezzi accessibili tanto dai professionisti che dagli amatori. Se in precedenza gli strumenti musicali elettronici avevano permesso di lavorare con suoni di sintesi, a volte evocativi di suoni acustici, ora si poteva finalmente lavorare con un’immagine fedele di suoni acustici registrati dal vero.

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Alan Parsons al lavoro con il Fairlight, uno dei primi sistemi di produzione musicale a campionamento.

La flessibilità dei campionatori permetteva di accedere, in linea teorica, a qualunque tipo di suono, compresi quelli dell’orchestra. Fin dall’inizio, e cioè dall’epoca dei Fairlight CMI, dei Synclavier, del Kurzweil K250, i suoni orchestrali erano già considerati parte importante dell’arsenale timbrico. Nelle produzioni più raffinate di autori appassionati di questo nuovo strumento, per esempio quelle di Peter Gabriel, Frank Zappa, Ryuichi Sakamoto o Kate Bush, si iniziarono a sentire suoni orchestrali, mescolati a suoni di fantasia, assai più credibili del vecchio suono di Mellotron – o anche delle orchestre d’archi fin lì registrate generalmente in mono.

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Non solo autrice di tutti i suoi brani, ma anche appassionata di tecnologia, Kate Bush è stata una delle prime artiste ad usare un Fairlight CMI nelle sue produzioni.

Con il diffondersi dei campionatori di costo relativamente contenuto, a partire dalla metà degli anni '80, e la loro uscita dai grandi studi di registrazione, iniziò a svilupparsi anche un mercato di suoni dedicati a chi non poteva – o non sapeva – crearli in proprio. Si affermò anche una serie di formati standard, in primo luogo quello degli Akai e poi quello dei campionatori di E-mu, Roland, Kurzweil ed Ensoniq. Il formato standard, leggibile anche da modelli di altre case, consentiva agli sviluppatori professionali di suoni di proporre le loro creazioni ad un mercato relativamente vasto.

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La prima pagina della brochure originale dell’Akai S1000. Il peso dei primi campionatori dava sufficientemente bene l’idea del prezzo.

A creare i campioni non erano più solo, quindi, e in maniera definitiva, i tecnici dell’azienda che costruiva lo strumento, tutti dedicati a dotare di nuovi suoni la loro creatura ed il loro mercato inevitabilmente ristretto: la produzione di suoni campionati diventava invece un settore commerciale di un certo interesse, che permise a molte piccole aziende, del tutto indipendentemente, di creare suoni di notevole qualità e di metterli a disposizione di un pubblico più vasto.



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